venerdì 31 luglio 2009

¡Viva Espana!

Eccola qua, un’altra volta. La Spagna. Vince con gli Usa e arriva in finale. Anche perdendo, comunque, ci sarebbe finita abbondantemente davanti. Come accade ormai da dieci anni a questa parte. Senza andare troppo indietro nel passato (meglio per noi), prendiamo le ultime tre competizioni internazionali: Spagna terza ai Mondiali di Melbourne 2007, quarta agli europei di Malaga del 2008 e quinta alle Olimpiadi di Pechino. E noi? Persi in inutili finaline. E allora prendiamola a modello, questa Spagna, per un paragone con la situazione della waterpolo italiana. Un confronto con gli iberici è assai più utile, forse, di quello con realtà pallanuotisticamente distanti anni luce come Ungheria o nazioni della ex Jugoslavia. La Spagna è un paese di cultura latina, in cui la pallanuoto, come da noi, non è sport seguitissimo e, inoltre, la struttura fisica dei nostri giocatori è assai simile a quella dei loro. Una differenza c’è: la nostra A1 è ritenuta assai più competitiva della Liga. La domanda è: com’è possibile che la Spagna ci finisca davanti in tutte le competizioni internazionali?
L’ho chiesto a Juan Carlos Garcia (nella foto in basso), giornalista e commentatore delle partite della nazionale iberica per la Tve, la Rai spagnola. “La Liga – dice Juan Carlos - è un campionato dominato dal Barceloneta. Nelle ultime quattro stagioni ha vinto sempre, pareggiando solo una partita. Mi pare siano imbattuti da 115 gare”. Come il Recco, praticamente. “Sì, ma il livello del campionato italiano è più alto”. Simile, invece, è la diffusione della pallanuoto sul territorio. “Si gioca solo in alcune regioni, è uno sport importante in Catalogna, dove sono presenti anche molti impianti. Si gioca anche a Madrid ed ha una buona tradizione a Pamplona, grazie al Navarra”. In campo internazionale, con le squadre di club, la Spagna non vince da molto. “Non ricordo neppure quando è stata l’ultima volta”. Ma la Nazionale va bene, o comunque va molto meglio della nostra. “Credo che molto dipenda dalla situazione degli stranieri. Nel campionato spagnolo se ne possono tesserare tre per squadra, ma in media ogni team ne ha solo uno o due. C’è più spazio per i giovani”. E di naturalizzati, neanche a parlarne. “Ce ne sono solo quattro: Piralkov del Terrassa, i due Perrone, uno dei quali è in Nazionale, ed Ivan Perez, anche lui in Nazionale”. I giovani, quindi, hanno minutaggio maggiore in campionato. “Sicuramente. Il ct Rafa Aguilar ha contatti continui con i tecnici dei club e con quelli delle giovanili per selezionare quelli che possono arrivare in Nazionale. Miki Oca e Chaba Gomez, campioni ad Atlanta nel ‘96, sono suoi collaboratori e li seguono durante l’anno”. Qui a Roma la Spagna ha già preso l’argento. “Il segreto è nel lavoro fatto da Aguilar dopo Atene 2004. Dopo le Olimpiadi il ct Juan Janè lasciò la Nazionale e arrivò Rafa Aguilar che mandò via tutti i campioni olimpici ad eccezione di Ivan Perez, ripartendo da zero. È una squadra che è cresciuta gradualmente, in cui poco alla volta hanno trovato spazio i giovani che sono cresciuti in campionato”. E che dopo il bronzo di Melbourne può lottare per l’oro.

** negli ultimi giorni problemi tecnici mi hanno impedito di aggiornare il blog come avrei dovuto. Spero di rimediare con più post in questo finale di Mondiale.

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